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Il Punto

L’Europa nel panico davanti ai profughi ammassati alle frontiere delega alla Turchia il compito di bloccarli. Con le sue regole. Per il fastidio, 6 miliardi di euro e la riapertura del negoziato per l’entrata di Ankara nella Ue. Vincere la paura è difficile finché i profughi saranno identificati come potenziali terroristi e confusi con gli immigrati economici.
Non c’è pace per Telecom Italia. Dopo la privatizzazione del 1997 è passata di mano in mano fino al nuovo socio di maggioranza Bolloré con la sua media company Vivendi. All’orizzonte un’alleanza societaria con Mediaset. I nuovi assetti saranno un bene per le aziende coinvolte se stavolta il cda di Telecom tutelerà l’interesse dell’impresa, non quello dei suoi grandi azionisti.
Gli occhi sono sempre puntati su quanta occupazione si crea. Conta però anche la qualità del lavoro: tra i paesi Ocse, l’Italia è quasi in media nelle remunerazioni, scarsa nella protezione di chi perde il posto e in fondo alla classifica per l’ambiente lavorativo. Ancora da vedere, in questi campi, l’effetto Jobs act.
Quando lavorano insieme, università e imprese danno ottimi risultati. Ma avviare la collaborazione è difficile. Uno studio ha individuato i fattori che la ostacolano e quelli che la favoriscono. Ecco un tema che il nuovo presidente di Confindustria Vincenzo Boccia dovrebbe segnarsi nell’agenda.

Il Punto

L’attuazione degli impegni di deficit e debito assunti dal governo dipende molto da un solo numero: la crescita del Pil nel 2016. Le previsioni indicano cifre superiori all’1 per cento. Ma qualche conto basato sulla velocità della ripresa finora suggerisce che probabilmente ci aspetta un altro anno con lo zero virgola.
Il lutto per le 13 ragazze morte nell’incidente in Spagna non cancella il grande successo trentennale del programma Erasmus. Le ricerche condotte sui suoi effetti mostrano che gli studenti partecipanti hanno visto crescere in modo significativo le loro possibilità di trovare lavoro, anche fuori dal loro paese di origine.
Alla riunione annuale della Royal Economic Society si è parlato ovviamente di Brexit. Quasi tutti gli economisti inglesi sono contrari e – con poche eccezioni – prevedono che il Regno Unito non uscirà dalla Ue. Il racconto in una “Lettera da Londra” che spazia dai costi dell’eventuale uscita per le famiglie ai minori investimenti dell’Aston Martin.
Per realizzare un sistema di welfare europeo servirebbe una coesione sociale di cui non c’è traccia in un’Unione minata alle fondamenta dalla crescita dei movimenti nazionalisti e populisti. Ma non c’è alternativa: oltre che offrire un’unione economica, l’Europa deve anche far sentire i suoi cittadini socialmente al sicuro. Sono necessarie più coraggiose cessioni di sovranità degli stati. Che però da tempo sono assenti. C’è invece un’erosione dei margini di manovra dei governi nazionali e locali per i vincoli della Ue. A scapito del ruolo della politica.

Se gli economisti fanno i conti con la Brexit

Il Punto

Si fa presto a dire “reti d’impresa” e “fare sistema”. Bisogna riempire di contenuti queste suggestive parole. Guardando a cos’hanno fatto in Germania, Francia, Regno Unito, Usa per promuovere ecosistemi innovativi. Spetta al prossimo presidente di Confindustria prendere una forte iniziativa sul tema. Perché se l’Italia è ancora uno dei leader dell’export mondiale (primo esportatore di 235 prodotti e tra i primi tre di altri 946), le quote di mercato del nostro paese sono calate chiaramente nell’ultimo decennio, più che per gli altri paesi Ue. Tra i motivi più recenti, c’è il rallentamento dell’economia cinese. Ne soffrono direttamente i settori che là esportano direttamente e in modo indiretto quelli (come la meccanica strumentale) che partecipano alle filiere europee guidate dalla Germania, molto esposta sul mercato cinese.
In questi giorni l’America discute la scelta di un nuovo giudice della Corte suprema. In ballo gli equilibri tra conservatori e liberal che pesano in tema di diritti civili e su molti temi economici, dall’insider trading alla protezione dei consumatori, su cui destra e sinistra hanno idee ben differenti.
La povertà economica assoluta di 1 milione di bambini e adolescenti in Italia è strettamente connessa con la povertà educativa che esclude dalle opportunità di crescita sociale. La legge di Stabilità 2016 ha creato un fondo per contrastarla, coi soldi delle fondazioni bancarie. Cercasi criteri rigorosi per non sprecare gli sforzi.
Nella giornata mondiale dell’acqua, riemerge il solito paradosso italiano. Una risorsa che nel pianeta è insieme scarsa e preziosa, è spesso sprecata in Italia – dove la sua disponibilità non sarebbe un problema – e mal utilizzata e distribuita.

Un bilancio sull’acqua in Italia

In occasione della giornata mondiale dell’acqua, vale la pena fare un bilancio su una risorsa fondamentale e, nel 2016, ancora così tristemente scarsa. Soprattutto se si pensa a quanta ne va sprecata. Una breve infografica elaborata sulla base dei dati Istat ci aiuta a capire qualcosa in più sulle risorse idriche del nostro paese. L’acqua nel mondo è poca. Sprecarla non facendo arrivare l’acqua potabile nelle case dove di acqua ce ne sarebbe è dunque particolarmente intollerabile.

Il Punto

L’automatismo con cui scatta il bail-in bancario (mettendo a rischio i depositi sopra 100 mila euro) è un’altra causa di fragilità del sistema. Alle prime crepe nel bilancio di una banca, i clienti spostano i soldi altrove e il dissesto si aggrava, con rischi di contagio. Si potrebbe reintrodurre un po’ di quella discrezionalità politica nella risoluzione delle crisi che la nuova legislazione ha voluto escludere. Ma la Ue non ha un ministro del Tesoro. Intanto il credito in Italia continua a mancare, anche se non per tutti allo stesso modo. Da uno studio si vede che il credit crunch ha colpito proprio le già sottocapitalizzate imprese piccole e medie. Territorialmente i prestiti sono mancati non solo nel Centro-Sud ma anche al Nord-Ovest. Sul fronte dei mutui alle famiglie per la prima casa, con il recepimento della direttiva europea si vogliono sveltire le esecuzioni immobiliari delle banche quando il debitore non paga un certo numero di rate (prima sette, poi alzate a 18 nel testo finale). Semplificare si deve ma senza vessare i cittadini in difficoltà finanziarie. Il sistema adottato in Spagna è un esempio da considerare. Utili strumenti finanziari o tossici marchingegni? I derivati possono essere usati come strumenti assicurativi così come per occultare perdite nei bilanci (privati e pubblici). Chi li ritiene strumenti del diavolo li descrive come una mefitica massa di carta pari a 550 mila miliardi di dollari, otto volte il Pil mondiale. Un calcolo meno allarmistico (e più logico) riduce la cifra a 15 mila miliardi.
Tra poco compie due anni il programma Garanzia giovani. Nato con l’obiettivo di aiutare gli under 30 disoccupati a trovare lavoro, la sua realizzazione fino a oggi soffre di una grande pecca: manca una valutazione oggettiva dei risultati per capire se abbiamo speso utilmente 1,3 miliardi dell’Europa.

Un commento di Claudio Pacella all’articolo di Raffaele Lungarella “Senza convenienza non c’è mercato per il prestito vitalizio”. E la replica dell’autore.

Il prestito ipotecario ha bisogno di tempo per crescere

Nel suo articolo pubblicato su queste pagine, Raffaele Lungarella ha ben illustrato la rilevanza che il prestito vitalizio può assumere in Italia: nel paese con la maggiore percentuale di anziani in Europa, un welfare in contrazione e redditi decrescenti, è indiscutibile l’esigenza di poter rendere liquida e fruibile una parte dei 3 mila miliardi immobilizzati nel patrimonio immobiliare degli over 60. È interessante aggiungere alcune considerazioni che nascono dalla mia esperienza sul tema, nel tentativo di spiegare le potenzialità, e talvolta i limiti, di questo innovativo prodotto finanziario.

Nuova legge e supporto istituzionale

Esiste una forte discontinuità tra il mercato sviluppato in base alla vecchia legge (248/2005) e quello che si apre in base alla nuova normativa (44/2015 e relativo regolamento attuativo): il mercato di allora manifestava una crisi di liquidità mentre l’attuale contesto sembra diametralmente opposto; tassi e spread erano ai massimi storici mentre oggi sono ai minimi; mancava all’epoca un supporto istituzionale che ora è ampiamente presente; infine, non c’erano banche interessate al mercato mentre ad oggi si registrano diversi potenziali operatori.
Dal punto di vista istituzionale, la vecchia legge era stata introdotta senza particolare risalto e nell’ambito della lotta all’evasione fiscale, mentre quella attuale nasce da una specifica iniziativa parlamentare che ha raccolto un consenso molto ampio sia alla Camera sia al Senato, che è stata promossa da Abi e da molte associazioni dei consumatori ed è stata completata da un regolamento redatto prima dal ministero dello Sviluppo economico e poi approvato dalla Consulta e dalla Corte dei conti.
Non possiamo giudicare il mercato dei prestiti vitalizi che si svilupperà in base alla nuova normativa guardando a esperienze e prodotti “vecchi”. Al contrario, bisogna lavorare per consentire alle banche di attivarsi operativamente e di offrire questa soluzione ai propri clienti. Nei prossimi mesi arriveranno sul mercato gli istituti che da tempo hanno avviato progetti per la realizzazione di questo prodotto e che aspettavano la versione finale del regolamento per completare il lavoro. Trattandosi di un finanziamento “al contrario” rispetto a quelli tradizionali, la sua implementazione richiede tempo e risorse specialistiche che, data la novità del prodotto, non sono ancora diffuse. Parlando di un regolamento attuativo che è in vigore dal 2 marzo, è necessario aspettare l’uscita delle prime offerte del “nuovo” mercato.
Una volta che il mercato sarà avviato con un numero di operatori sufficientemente rilevante, saranno gli over 60 a godere dei principali benefici, primo fra tutti quello della concorrenza: soluzioni molteplici a condizioni più vantaggiose.

Tassi e percentuali di finanziamento

Su questo tema il regolamento non poteva esprimere alcun vincolo, in quanto la norma primaria aveva indicato e limitato gli ambiti che dovevano essere normati dal Mise focalizzandoli sulle modalità di offerta, sulle norme di trasparenza e su casi e formalità che possono portare alla richiesta di rimborso integrale del finanziamento. In ogni caso, i loan to value (ltv) e i tassi rappresentano le principali leve competitive e non sarebbe opportuno che il regolamento le normasse: vincoli troppo morbidi sarebbero inutili, mentre vincoli troppo rigidi rischierebbero di allontanare gli operatori.
Ricordiamo che si tratta di un prodotto finanziario che di fatto sta nascendo ora in Italia: finché il mercato non sarà sufficientemente ampio e le efficienze operative non saranno consistenti anche i prestiti vitalizi sconteranno costi più alti. Non si può pretendere che questo settore possa avere le stesse condizioni competitive del mercato dei mutui, che da tempo eroga decine di miliardi ogni anno.
Un altro aspetto riguarda invece specificatamente il tema dei loan to value. Taluni hanno la tendenza a ritenere che ltv bassi siano un ingiusto danno per gli anziani. Questa valutazione è indotta, talvolta, dall’analogia con la vendita della nuda proprietà, dove, se la vendita avviene a un valore molto basso, l’anziano viene irrimediabilmente danneggiato. Al contrario, un importo basso con i prestiti vitalizi significa indebitare poco gli anziani e limitare il debito, lasciando così un maggior valore immobiliare “libero” per gli eredi. Loan to value limitati rappresentano anche un modo efficiente per limitare il rischio per le banche, con indubbi e conseguenti benefici sui tassi applicati agli anziani.

Il tempo per crescere

Quando tutti gli istituti che proprio in queste settimane stanno lavorando al prodotto saranno operativi sul mercato e quando si sarà stratificato un consistente portafoglio erogato, ossia quando il prestito ipotecario sarà un prodotto “ordinario”, solo allora sarà possibile confrontarne le condizioni con quelle di altri prodotti. E anche quando il prestito vitalizio sarà una soluzione “di mercato”, molto rimarrà ancora da fare sulla pianificazione del decumulo patrimoniale per gli anziani che ne hanno bisogno. Un tema nuovo, forse poco glamour, ma che diventerà di fondamentale importanza negli anni a venire.

Claudio Pacella, Amministratore delegato di 65Plus, società specializzata in servizi finanziari per la terza età e nel prestito vitalizio

La risposta dell’autore

La fiducia di Claudio Pacella sulla rivitalizzazione del prestito vitalizio ipotecario, dopo un decennio di sostanziale immobilismo, sembra riposta sull’ampliamento delle garanzie per gli istituti finanziatori introdotto con la nuova normativa. Anch’egli, però, sembra dubitare che questo sia sufficiente, se il prestito non diventerà più conveniente per chi lo richiede (con un abbassamento dei tassi di interesse e un aumento della percentuale del finanziamento sul valore della casa). Pacella ci invita ad avere pazienza, per dare tempo al mercato di confezionare un ventaglio di prodotti in concorrenza tra di loro. Tra qualche mese potremo valutare l’effettivo interesse delle banche. Se, malgrado i tassi di interesse ora bassi e l’ondata di liquidità, continueranno a offrire prodotti con una percentuale finanziabile bassa, il prestito vitalizio rischia di continuare ad essere poco competitivo rispetto ad altri strumenti che permettono ugualmente di utilizzare la propria abitazione per ottenere liquidità.

Raffaele Lungarella

Il Punto

Un’elevata disoccupazione giovanile (vicina al 40 per cento in Italia e al 25 nella Ue) è uno scempio sociale perché distrugge capitale umano. Per ridurla vanno migliorate le abilità cognitive dei ragazzi in età pre-scolare. Il programma Sia (Sostegno per l’inclusione attiva) l’aveva previsto anche da noi. Ma manca un preciso protocollo di attuazione.
Con l’emergenza Siria viene a galla l’inadeguatezza delle norme europee sul diritto d’asilo. Ue e Turchia cercano una soluzione. Ma le bozze dell’accordo del 7 marzo implicano un confuso meccanismo di mutua riammissione e reinsediamento di profughi e immigrati irregolari. Meglio ricollocare un numero fisso di profughi prelevati in sicurezza nei paesi limitrofi.
Le società municipalizzate devono offrire buoni servizi (di elettricità, gas, acqua, raccolta rifiuti) ai cittadini e anche creare occupazione e dividendi per i soci. Tra i due obiettivi in contrasto, meglio che prevalga il primo. Abbandonato il controllo delle aziende, i comuni potranno concentrarsi su obiettivi misurabili di miglioramento qualitativo.
Nella campagna referendaria britannica, un argomento forte dei fautori della Brexit è il rifiuto della burocrazia europea. Salvo che le direttive Ue sono meno pervasive di quel che si pensi, mentre i burocrati inglesi non sono da meno con lacci e laccioli. Risultato: una campagna referendaria piena di equivoci. Uno dei quali è comune al dibattito pubblico in Italia e riguarda la spesa di welfare per gli stranieri. È vero che della spesa sociale usufruiscono, in proporzione, più loro dei cittadini italiani, se non altro perché il loro reddito medio dichiarato è molto più basso (18 mila contro 31 mila euro). Rimedio al problema: l’aumento dell’occupazione degli immigrati regolari.
In costante rallentamento, la Cina rischia la recessione. Le famiglie cinesi risparmiano troppo e consumano troppo poco, il che è ben noto alla leadership di Pechino. Ma le riforme del Piano quinquennale appena approvato sono poco incisive nel riorientare l’economia.
La “carbon tax” è una delle ricette per ridurre le emissioni di CO2. Bisogna però applicarla non alla fine della filiera ma – come una sorta di Iva – a ogni passaggio dei beni che contribuiscono all’emissione finale inquinante. Anche sui beni importati (per esempio le auto). Più complicato, ma forse più equo.

La Brexit e lo spauracchio della burocrazia per elettori confusi

Cronache dall’Inghilterra profonda

Il risultato del referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea, in programma il 23 giugno, è molto imprevedibile: c’è un vero rischio che la campagna pro-Brexit, incentrata sulla semplice idea che la burocratizzazione della società britannica sia causata dall’Ue, possa convincere molti elettori che non vedono chiaramente i benefici della permanenza né intendono seguire le confuse indicazioni dei partiti.
Sabato mattina, dal macellaio a far la spesa. La piazza di una piccola market town, nella parte più rurale dell’Inghilterra. Bella, ma sconosciuta ai turisti italiani, che l’attraversano nel viaggio da Londra alla Scozia, con tappa magari a York. Una nonna con due nipotine in coda dopo di me vede il camioncino della campagna elettorale per la Brexit e spiega loro che anche lei e il nonno sono per l’uscita dall’Europa. Perché, chiedo semi-serio, e mi risponde che lei è stufa di dover ubbidire a Bruxelles. Non le chiedo, perché sarebbe fiato sprecato, quand’è stata l’ultima volta che lei personalmente ha dovuto ubbidire a Bruxelles. Né le faccio notare che suo marito o suo figlio o il fratello o il genero e molti dei suoi conoscenti, come agricoltori locali, hanno certamente ricevuto in sussidi europei legati alla Politica agricola comunitaria molto più di quanto abbiano pagato in tasse addizionali. I diretti interessati sanno bene che l’agricoltura è uno dei settori dell’economia britannica che più di altri riceve sussidi diretti dall’Europa. Non è un caso che l’associazione nazionale degli agricoltori, ultra sciovinista e ultra regressiva, non è certo pro-Brexit. Nemmeno è un caso che il deputato locale, astrologo e omeopata, lontano anni luce dall’immagine tory-progressista che David Cameron cerca di proiettare, non abbia ancora preso posizione sul referendum.
Nel mio silenzio, si inserisce il macellaio con una mini-filippica su tutte queste regole, moduli e passaporti delle bestie, e norme su come assumere dipendenti, e i mille lacci e lacciuoli che gli rendono la vita complicata, distante da un mitico passato bucolico e felice, in cui tutto era semplice e logico.
La strategia elettorale della campagna per l’uscita dall’Europa cerca di convincere elettori confusi come questi che l’Ue è una congiura burocratica, imposta al paese dai perfidi francesi.
Il messaggio colpisce nel segno perché è certo vero che la burocrazia è aumentata e perché gli inglesi la detestano: la sua riduzione è considerato il più importante aspetto dell’accordo Regno Unito-Ue.
Questa antipatia, che può sembrare contraddetta dall’amore per le code e l’ordine, è legata allo spirito ribelle e anarchico che hanno gli inglesi (ancor più degli scozzesi): l’autorità deve conquistare il rispetto del pubblico, la semplice posizione di potere non protegge da critiche e sberleffi. Così nessuno (casa reale compresa) batte ciglio sulle vignette satiriche sulla regina e un deputato che viene smascherato come disonesto deve aspettarsi una feroce vendetta dell’elettorato. È sempre per questo che la polizia non porta armi da fuoco; così come quando il governo cercò di introdurre un sistema di carta d’identità, simile a quello da sempre presente in Italia, si scatenò una veemente opposizione e molti lo considerarono una violazione dei diritti umani, e alla fine l’idea fu abbandonata.

Burocrati a ogni latitudine

Ma se c’è senz’altro stata una crescita esponenziale di burocrazia, moduli e formalità in tutti i settori – dal lavoro, agli ospedali, alle scuole – la colpa non è certo solo dell’Ue. I funzionari britannici sono anche loro burocrati entusiasti: in caso di dubbio, ecco qua un modulo o una bella richiesta di autorizzazione, tanto se qualcuno protesta se ne può sempre dar la colpa a immaginarie regole europee. È vero che in certi casi, come le regole sulla patente, che fino a vent’anni fa qui non scadeva né aveva la foto tessera, la nuova procedura è dettata dalla Ue, ma in molti altri l’ossessione burocratica è completamente indigena. Un esempio: chi ha a che fare con minorenni deve avere un certificato che conferma di non essere stato condannato per molestie a minori. Il certificato serve a proteggere l’organizzazione e quindi ognuna non si fida di quelli altrui, ma vuole il suo: così, quando abbiamo ospitato una studentessa francese per uno scambio con nostra figlia, mia moglie si è ritrovata con quattro di questi certificati (la scuola di mia figlia ne ha richiesto uno nuovo benché lei ne avesse già uno in qualità di membro del consiglio di istituto della scuola degli altri figli, poi c’è quello del club del tennis e quello dell’organizzazione equestre per disabili dove spesso aiuta da volontaria). Per me, invece, era solo il terzo. Ovviamente quando nostra figlia è andata a ricambiare la visita, è venuto fuori che in Francia questi certificati non esistono.
La giornata, sono lieto di riferire, continua con una nota ottimista: nel pomeriggio, tè da amici, marito e moglie che lavorano nel settore privato, mandano i figli a scuole private, tipici fedeli da sempre elettori tory. Entrambi non hanno dubbi: voteranno a favore della permanenza, convinti che i benefici per la società britannica, se non per loro personalmente, eccedano senz’altro i costi.

Il Punto

Delle importanti misure annunciate da Draghi per combattere la deflazione – riduzione dei tassi, più volumi mensili ed estensione degli acquisti di titoli, nuove operazioni ad hoc di finanziamento alle banche (Tltro) – la terza è la più innovativa e utile. Una banca che ha prestato di più a imprese e famiglie potrà a sua volta ricevere più prestiti Bce (a tassi inferiori e fino al 30 per cento della sua esposizione). Meglio comunque che l’istituto guidato da Draghi continui ad agire in autonomia. Anche se c’è chi sostiene il contrario e vorrebbe una banca centrale agli ordini della politica che distribuisca direttamente denaro ai cittadini.
Con l’acquisto di uno dei leader del caffè in Francia, Carte Noire, la Lavazza si candida al ruolo di aggregatore in un mercato presto dominato da pochi player multinazionali. Impresa difficile ma possibile perché, come in casi analoghi, l’azienda è di una famiglia che ne ha affidato la gestione a manager esterni. Il prossimo passo dovrebbe muoverlo verso la borsa, con una diluizione del controllo. I Lavazza sapranno farlo?
A scuola gli 800 mila figli degli immigrati (quadruplicati rispetto al 2001) sono indietro rispetto agli italiani nei test Invalsi, in matematica e in italiano. Pesano la mancata conoscenza della lingua e le avverse condizioni familiari. Servono politiche di sostegno e interventi specifici soprattutto in età pre-scolare.
Dopo un complesso iter costituzionale, la Camera approverà presto definitivamente la riforma del Senato. Torniamo a ripercorrere le nuove norme che – tra luci e ombre – mettono fine al bicameralismo perfetto. E sulle quali il premier Renzi si sottoporrà a giudizio in un referendum dopo l’estate.
Il ministro Delrio ha annunciato una straordinaria quantità di risorse pubbliche per infrastrutture ferroviarie: 9 miliardi più – possibilmente – altri 8. Con dovizia di particolari sulle loro destinazioni. Meglio sarebbe definire gli obiettivi di spesa in termini di occupazione, ambiente e ritorni finanziari attesi.

Il nostro amico e collega Vincenzo Galasso entra nell’Unità economica della Presidenza del consiglio. Com’è consuetudine de staging.lavoce.info, rimane membro della redazione in aspettativa, vale a dire non attivo per la durata dell’incarico. A Vincenzo i nostri migliori auguri di buon lavoro!

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