“Non è utile mettere in discussione l’esistenza di qualcosa che è irreversibile”. Così Mario Draghi ha spazzato via i dubbi sul radicamento della moneta unica in Europa. E sulla possibilità che l’acquisto e la detenzione di titoli pubblici rimarranno nella cassetta degli attrezzi della Bce anche in futuro.
La nave Aquarius, con 629 persone a bordo, doveva essere accolta in un porto italiano in base al diritto internazionale, come sostiene l’ex sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini? Nel labirinto di trattati e convenzioni internazionali il fact-checking de staging.lavoce.info arriva alla conclusione che ha torto.
Una donna famosa che ostenta di stirare una camicia non fa niente di speciale ma conferma un cliché della cultura dominante che ha conseguenze economiche. Una minor presenza femminile nell’attività produttiva riduce il reddito complessivo e si traduce in uno spreco di capitale umano. Poi non sorprendiamoci se in Italia rimane bassa la partecipazione delle donne all’innovazione. Solo nel 17 per cento dei brevetti è presente almeno una donna. Contro il 50 per cento teorico e il 30 effettivo nel mondo.
Strano ma vero. Chi manda un ordine di e-commerce da un computer (meglio se Apple) è più solvibile di chi lo invia da smartphone. Contano anche l’orario d’invio dell’ordine e il tipo di indirizzo e-mail. Tutte conclusioni consentite dall’uso dei big data per profilare i creditori in base alla loro affidabilità.
La bassa produttività delle imprese italiane trova la principale spiegazione nella loro dimensione limitata. Piccolo è brutto quando c’è da investire in innovazione ma aiuta anche a sfuggire il fisco. L’eliminazione di questo incentivo perverso farebbe salire la dimensione media del 25 per cento e la spesa in ricerca del 35.
Un sistema di selezione dei docenti universitari basato su concorsi locali preceduti da una abilitazione nazionale dovrebbe dare maggiori garanzie di scelta dei migliori candidati. Eppure può dare risultati opposti quando le singole commissioni perseguono obiettivi ben diversi dal merito.
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Mini-Bot o Ccf: perché resta un’illusione
Di Maria Cannata
il 11/06/2018
in Commenti e repliche
Che cosa è “debito”
Ringrazio i lettori per i tanti commenti al mio articolo. Rispondo qui ad alcuni rilievi.
Per quanto si poteva dedurre dagli articoli di stampa, gli ideatori dei mini-bot e dei certificati di credito fiscali sembravano ritenere che la loro emissione potesse non essere considerata debito secondo i parametri europei. Ma non è così, in qualunque modo si intenda classificarli: titoli, cambiali o moneta.
Sarebbero moneta nel caso in cui vi fosse obbligo ad accettarli da parte di soggetti italiani e fossero usati in alternativa alla moneta stessa. Ma anche tralasciando il fatto che gran parte delle imprese italiane importano ed esportano in modo massiccio, è difficile pensare che accetterebbero di buon grado di utilizzare questo mezzo di pagamento, senza comportare penalizzazioni di valore.
È evidente che anche i debiti commerciali sono debito, ma non debito finanziario e per questo non sono inclusi nel parametro di Maastricht. Il principale motivo dell’esclusione risiede nel fatto che il loro effettivo valore non è semplice da rilevare. E infatti quando in Italia, nel 2013, venne affrontato il problema del loro smaltimento previa certificazione, emersero molte duplicazioni e irregolarità.
Una eventuale società paravento che emetta certificati di credito fiscali non sarebbe considerata da Eurostat un soggetto privato, data la piena e incondizionata garanzia dello stato. Anche nel caso di cartolarizzazioni pubbliche, dove quella garanzia era assente, poiché il surplus di valore rispetto al prezzo di cessione sarebbe comunque tornato allo stato, Eurostat ha stabilito che le società veicolo dovevano rientrare nella pubblica amministrazione e i relativi titoli dovevano essere considerati debito pubblico.