Lavoce.info

Categoria: Banche e finanza Pagina 114 di 115

Cos’è il “decreto Parmalat”

Con il decreto pre-natalizio è stata introdotta una variante accelerata alla normativa sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese. I pochi cambiamenti sono per lo più concentrati nella fase di avvio della procedura. Non convincono il rafforzamento dei poteri del ministro né la limitazione dell’applicazione alle grandissime aziende, ma il decreto non è di per sé un salvataggio né un aiuto di Stato. È invece il frutto della mancanza di una riforma generale e un’occasione perduta per ampliare la gamma degli strumenti di soluzione delle crisi.

Le qualità di un’Authority

La tradizionale suddivisione delle competenze di vigilanza per soggetti è poco funzionale nei mercati finanziari sviluppati. In molti paesi, la scelta è stata dunque tra il regolatore unico e la divisione dei poteri di controllo tra due distinte autorità. L’Italia ha mantenuto finora un apparato ibrido e la necessaria riforma può arrivare sull’onda della crisi Parmalat. Il modello a due autorità sembra il più adatto al nostro paese, ma non è sufficiente per tutelare i risparmiatori. Serve un ampliamento dei poteri di intervento e sanzionatori, cui deve però corrispondere una più forte trasparenza dei processi decisionali.

Una Alstom Padana

La Parmalat è un’ottima azienda messa in crisi dalla “speculazione finanziaria”: è il concetto che giustifica l’intervento del Governo, ma è probabilmente solo una favola. In realtà, Parmalat ha distrutto valore e ricchezza per anni ed è stata tenuta in piedi solo dalla finanza e dalle banche. Poco appetibili e certo non di interesse nazionale anche le attività industriali. Così il decreto varato alla vigilia di Natale prosegue su una pessima strada e contribuisce a minare il poco credito di cui ancora godono le imprese italiane sui mercati internazionali

Come riordinare i controlli

Un intervento di riordino del sistema di vigilanza e controllo sui mercati finanziari non è più rinviabile. Un nuovo modello di regolamentazione coerente con il nostro ordinamento e praticabile senza eccessive discontinuità istituzionali, è quello per finalità. Deve essere garantita l’indipendenza delle diverse autorità, ma queste risponderanno al Parlamento della realizzazione degli obiettivi fissati. Passi ulteriori verso il regolatore unico non sembrano praticabili né auspicabili.

Se l’onestà non paga

Il mondo della finanza si basa sulla fiducia e si presta quindi ad abusi difficilmente identificabili da qualsiasi controllo esterno, se perpetrati con la connivenza dei dipendenti chiave. Fedeli alla dirigenza dell’impresa non solo per un malinteso senso di lealtà, ma anche perché “parlare” significa compromettere la carriera futura. La soluzione è premiare chi denuncia episodi di criminalità economica, con un compenso proporzionato all’entità della frode.

L’11 settembre di provincia

Poche imprese quotate in Borsa. Management locale e azionariato senza ricambio, se non di padre in figlio. Banche “legate al territorio”. A Parma come altrove, le aziende fanno politica e controllano l’informazione, aumentano il loro potere con artifici contabili e sviluppando rapporti poco chiari con il mondo creditizio. È questo il quadro del capitalismo italiano, non solo di quello di provincia. Perché l’Italia ha potenzialità e meriti, ma deve ancora imparare le regole del grande gioco dell’imprenditoria globale.

Prevedere le crisi

Anticipare con esattezza una crisi di debito non è possibile. È però possibile identificare un insieme di squilibri macroeconomici statisticamente associati a futuri episodi di insolvenza del debito sovrano. Sono campanelli d’allarme l’eccesso di indebitamento e lo squilibrio dei conti con l’estero, la cattiva gestione della politica monetaria e una bassa crescita dell’economia reale. Sul piano politico, l’imminenza di elezioni presidenziali. Su questa base, l’Argentina era una paese ad alto rischio già nel 2000.

Piangendo sul latte versato

Imprese di medie dimensioni vitali e innovative, capaci di investire anche all’estero, non mancano nel sistema industriale italiano. Il problema è che restano poco trasparenti e poco inclini a confrontarsi con il mercato e le sue regole. Né delegano facilmente le responsabilità a manager esterni alla famiglia dei fondatori. Anche quando sono diventate grandi e quotate in Borsa, come Parmalat. Un caso che mostra tutte le potenzialità e le debolezze della quarta fase del nostro capitalismo.

A che punto è l’Opa europea

Il compromesso sulle offerte pubbliche di acquisto proposto dal governo portoghese e avallato dalla presidenza italiana suscita qualche perplessità. È positivo arrivare a una disciplina uniforme in tutta l’Unione. Ma l’obiettivo finale della direttiva dovrebbe essere più ambizioso: favorire le scalate intra-comunitarie, creare una classe imprenditoriale europea e indurre le imprese ad aprirsi al mercato di capitali. Difficile che una disciplina solo facoltativa produca questi risultati.

Il mezzo pasticcio dei prezzi elettrici

Un’Autorità in regime di proroga emana un documento dove si prefigurano le nuove tariffe di trasmissione dell’elettricità, più favorevoli per gli utenti. E dunque deludenti per il mercato finanziario, che “punisce” il titolo Enel. Ma anche per il ministero dell’Economia, che ribadisce il suo impegno nella tutela della società elettrica e dei suoi azionisti. Ovvero se stesso e gli investitori esteri che ne hanno appena acquistato il 6 per cento. Si è così creata una situazione spinosa, dalla quale non sarà facile uscire.

Pagina 114 di 115

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén