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Il mercato delle banche

Le autorità nazionali di vigilanza utilizzano spesso i poteri di autorizzazione all’ingresso nel capitale delle banche, previsti dalle direttive comunitarie, per impedire aggregazioni transfrontaliere. Così in un mercato finanziario denominato da un’unica valuta, prevale la frammentazione e non nasce un polo capace di competere con le grandi banche americane. La soluzione non è la modifica della normativa, ma la integrazione e la centralizzazione della vigilanza, con la creazione di una autorità europea indipendente e autonoma dagli interessi dei singoli Stati.

Il dopo-Parmalat delle imprese italiane

Secondo un’indagine sono le “small caps” quotate e le Pmi ad aver risentito maggiormente del clima di sfiducia creatosi dopo gli scandali finanziari degli ultimi due anni. Per esempio perché si sono allungati i tempi per ottenere finanziamenti dalle banche. Per la maggior parte delle aziende sono aumentati i controlli di Bankitalia e Consob, ma soltanto la metà degli intervistati li ritiene efficaci. E solo il 37 per cento considera possibile entro il 2005 la riapertura del segmento retail del mercato dei corporate bond.

Un Governatore è per sempre

Della riforma dell’architettura dei poteri di vigilanza e del mandato del Governatore della Banca d’Italia non si parla più. Eppure i poteri di regolamentazione non sono coerenti né con la teoria economica, né con la prassi di altri paesi, né con la necessità di non duplicare i costi di regolamentazione. La giustificazione che così si tutela l’indipendenza di via Nazionale si presta a obiezioni storiche e istituzionali. E la strenua opposizione che le banche italiane hanno fatto ai vari progetti di riforma dei poteri delle autorità è un indizio su cui riflettere.

Il codice delle centrali dei rischi

Nel 2005 entra in vigore il codice deontologico sulle centrali dei rischi voluto dal Garante della privacy. Potrà influire notevolmente sul mercato del credito. Perché una tutela molto rigorosa dei dati personali può impedire o rendere più oneroso l’accesso al credito, mentre una maggior disponibilità per le banche di informazioni tempestive, accurate e complete si traduce spesso in un vantaggio per la clientela, soprattutto se si tratta di piccole e medie imprese e di consumatori. E i tempi di conservazione dei dati non dovrebbero scendere sotto i tre anni.

Il petrolio non brucia la Borsa

I numeri ci dicono che tra variazioni dei corsi azionari e variazioni del prezzo del greggio esiste una relazione minima. Così come è molto limitato l’impatto recessivo se l’accelerazione dei prezzi è una correzione di forti discese precedenti. Molte le differenze con la crisi degli anni Settanta. In termini reali i valori attuali rimangono lontani dai picchi di allora e la dipendenza dal petrolio delle economie industrializzate si è fortemente ridotta. Il fattore strutturale nuovo è la crescita della domanda di petrolio dai paesi asiatici.

Assicurati in banca

I depositi bancari tornano a essere un’alternativa ad azioni e obbligazioni. Perché il risparmiatore li considera assolutamente sicuri. Infatti esistono assicurazioni implicite ed esplicite che li garantiscono. Ma la forma esplicita può avere effetti negativi sulla stabilità del sistema in quanto elimina l’incentivo dei depositanti a monitorare l’azione dei manager bancari. E fa crescere il differenziale tra tassi sui prestiti e tassi sui depositi. Una maggiore concorrenza tra banche deve poggiarsi anche sui diversi profili di rischio.

Banche all’indice

Il tipico risparmiatore italiano non è sufficientemente sofisticato per comprendere il rischio connesso con le varie attività finanziarie disponibili e “punire” la banca che approfitta del conflitto di interesse. Imporre maggiore trasparenza agli intermediari non è sufficiente perché occorre rendere intelligibile l’informazione anche ai meno esperti. Più utile perciò un indice di correttezza e affidabilità della banca come gestore di portafoglio e consulente patrimoniale, elaborato da un professionista terzo.

Risposte lente e sbagliate

Alcune parti del disegno di legge sul risparmio non rispondono alle priorità del mercato finanziario e degli investitori. Soprattutto, tutta la discussione parlamentare non tiene conto del nuovo quadro di regole che la Comunità europea sta delineando. Ma una riforma della legislazione finanziaria italiana resta urgente. A patto che si basi su pochi punti essenziali, tali da non sconvolgere l’operatività quotidiana delle imprese, ma capaci di mandare i giusti segnali di serietà agli investitori internazionali.

Un’occasione mancata

Del progetto di legge sulla tutela del risparmio si discute da tempo. Per il momento. il solo risultato concreto ottenuto è il recepimento della direttiva europea sugli abusi di mercato. Gli emendamenti proposti dalla maggioranza di Governo su autorità di vigilanza e indipendenza di queste dal potere politico mantengono tutte le ambiguità della normativa precedente. Se non ci saranno altri interventi, si sarà persa l’ennesima occasione per costruire strumenti essenziali ad arginare la perdita di competitività del nostro sistema economico.

Se il conflitto è positivo

Quando collocano sul mercato titoli di imprese loro affidate, le banche commerciali hanno a disposizione informazioni privilegiate sulle condizioni finanziarie di queste e dunque possono essere meglio attrezzate per valutare la rischiosità dell’investimento. In base al principio di trasparenza, le autorità competenti dovrebbero verificare e rendere pubblica l’eventuale esposizione della banca verso l’impresa. Gli investitori sarebbero così liberi di valutare se è più rilevante l’effetto negativo del potenziale conflitto d’interesse, oppure quello positivo della migliore capacità di certificazione.

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