Secondo un rapporto della Commissione europea il prezzo medio delle pubblicazioni degli editori scientifici commerciali è cresciuto tra il 1975 e il 1995 a un tasso superiore di oltre 300 punti percentuali rispetto al tasso di inflazione. E tra il 2001 e il 2005 la crescita è stata superiore all’inflazione del 26 per cento negli Stati Uniti e del 29 per cento in Europa. Proprio mentre l’innovazione tecnologica permetteva di scaricare una parte crescente dei costi sugli stessi autori. Nel breve periodo, l’unica soluzione è un maggiore coordinamento tra gli acquirenti.
Categoria: Unione europea Pagina 83 di 100
A Bruxelles è stata evitata una crisi che poteva rivelarsi irreversibile. Ma non solo. Il compromesso raggiunto sul meccanismo di voto è meno negativo di quel che sembra. Buone le decisioni sulle regole di funzionamento dell’Unione che mantengono gran parte delle innovazioni introdotte in sede di accordo costituzionale. La Carta dei diritti fondamentali non sarà inserita nei nuovi testi legislativi, ma avrà comunque valore giuridicamente vincolante e un preciso campo di applicazione. Le zone d’ombra riguardano la politica estera e la sicurezza comune.
Il punto su cui il vertice di Bruxelles doveva trovare una soluzione era quello delle regole di voto in Consiglio. Dire che il sistema della doppia maggioranza sarà adottato tra dieci anni equivale a dire che non entrerà mai in vigore. Proprio come vuole il governo polacco. Perché per quella data si danno due possibilità. O il meccanismo attuale avrà provocato un fallimento tale che le regole dovranno essere riviste ben prima del 2017. Oppure i ventisette Stati membri avranno imparato a farlo funzionare e non ci sarà alcuna necessità di cambiarlo.
Si è salvata la sostanza delle innovazioni del Trattato costituzionale, realizzando un sistema più funzionale di decisone e di organizzazione dei poteri. E si è saputo dare risposte adeguate a un’opinione pubblica che chiedeva maggior controllo sulle scelte dell’Unione e maggiori garanzie sulle sfere di autonomia delle politiche nazionali. Le puntigliose precisazioni a tutela delle prerogative degli Stati membri non attenuano l’importanza dei nuovi poteri dell’Unione in materia di politica estera e di difesa e di sicurezza interna.
Il presidente francese ha ripetutamente criticato la Banca centrale europea durante la campagna elettorale: l’intuizione era giusta, ma sbagliato il bersaglio. Il problema è la mancanza di trasparenza della Bce, non le sue decisioni sui tassi di interesse. La trasparenza è alla base di quell’indipendenza ormai ritenuta indispensabile per attuare una buona politica monetaria, come hanno capito in molti paesi. Sarkozy dovrebbe usare la sua influenza per costringere la Bce a seguire quegli esempi. Si prenderebbe così anche una sottile vendetta.
La Polonia si oppone alla modifica delle regole di voto all’interno del Consiglio e all’introduzione del sistema a doppia maggioranza. D’altra parte, si tratta di una questione davvero decisiva. Non è possibile misurare direttamente il potere di un paese nelle decisioni dell’Unione Europea, ma se ne può trovare una traccia nei dati. Per esempio, esiste una evidente relazione positiva tra il “potere per abitante” e le risorse di bilancio ottenute dai diversi Stati membri. Insomma, si combatte per qualcosa di più dell’orgoglio nazionale.
Le politiche per le pari opportunità si basano su una solida base economica. E’ possibile spostare un’economia da un equilibrio basato sul genere a uno che non lo è. Succede lo stesso con gli interventi contro le discriminazioni razziali. Ma mentre questi ultimi possono essere temporanei, le politiche delle azioni positive devono essere permanenti. Altrimenti si tornerà presto al vecchio equilibrio perché ogni convinzione sul ruolo delle donne nella famiglia sarà necessariamente legata a convinzioni razionali sulla performance degli uomini nel mercato del lavoro.
Il Consiglio europeo di giugno può trovare un compromesso che non oltrepassi la linea rossa degli Stati membri e nello stesso tempo assicuri un effettivo miglioramento nel funzionamento e nella legittimità democratica delle istituzioni europee. Lo stallo dura da quasi un decennio ed è ora di superarlo. Della Costituzione bocciata dai referendum francese e olandese andrebbero salvate la Parte I e la Parte III. Ma anche la Parte IV, in particolare le clausole sulla passerella e le procedure di revisione.
L’attività decisionale europea ha subito un drastico rallentamento dopo l’allargamento dell’Unione nel maggio 2004. Perché un’Europa più ampia richiede riforme istituzionali che le permettano di funzionare. Un compito affidato al Trattato di Nizza. Che tuttavia non funziona. E i vari tentativi di modificarlo dimostrano che i leader europei ne sono consapevoli, anche se rifiutano di ammettere esplicitamente il fallimento. Serve un nuovo Trattato per ridefinire le regole di voto in Consiglio e la composizione della Commissione.
Il neo-presidente ha ricevuto dai francesi un mandato esplicito per il cambiamento. La sua filosofia e le sue priorità sono molto chiare: un mercato del lavoro più flessibile, uno Stato più snello e meno tasse. Però, per avere successo le sue proposte dovrebbero essere accompagnate dalla liberalizzazione dei mercati dei prodotti e finanziari. Quanto all’Europa, giocherà una partita difficile: più andrà avanti con le riforme all’interno, più dovrà apparire lontano dall’ortodossia di Bruxelles fatta di disciplina di bilancio, riforme liberali e libero commercio.