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Categoria: Unione europea Pagina 65 di 100

LA RISPOSTA AI COMMENTI

La crescita demografica, in particolare della fascia di popolazione a più basso reddito, è certamente uno dei motivi per cui il Pil pro-capite lombardo cresce meno rispetto a quello di altre regioni europee altamente sviluppate. La Lombardia, però, non è l’unica regione a registrare una crescita demografica elevata: tra le regioni che mostrano aumenti di Pil pro-capite elevati, la crescita della popolazione nel periodo 1997-2008 non è stata certo inferiore a quella lombarda (+ 8,3%). Alcuni esempi: Inner London 13,2%, Lussemburgo 16,1%,  Regione di Bruxelles 10,3%, Utrecht 11,3%, Ile de France 7,0%.(1) Si obietterà che queste sono regioni in cui la crescita demografica si alimenta tramite canali diversi rispetto a quelli lombardi. Allora la vera domanda diventa: perché la Lombardia (e l’Italia) non attrae forza lavoro qualificata e in grado di apportare un più alto valore aggiunto alla produzione regionale?

In merito alla crescita del PIL in termini assoluti: è vero che quello lombardo cresce nel periodo considerato (+39,9%), ma meno rispetto alle regioni che nel 1997 mostravano un livello di ricchezza simile: Stuttgart + 45,3%, Utrecht + 76,6%, Bremen + 44,2%, Ile de France + 58%, Stockholm + 58,9%.(2)

In merito alla comparabilità dei dati, è stata utilizzata la suddivisione Eurostat che mira proprio a rendere comparabili tra loro i dati di livello regionale, pur con tutti i limiti e le difficoltà di uniformare 27 sistemi statistici e amministrativi diversi. Sulla metodologia utilizzata da Eurostat rimando qui.

La presenza in Tabella 1 di alcune città dipende dal fatto che le unità statistiche non sempre corrispondono alle unità amministrative. Per fare un esempio: la Stoccolma che appare in Tabella 1 non corrisponde alla municipalità di Stoccolma, che conta circa 800.000 abitanti, ma all’area statistica assimilabile al livello NUTS 2 (quelle delle regioni italiane), la quale conta quasi due milioni di abitanti.  
Una correzione d’obbligo alla figura 1, che compara tra loro livelli territoriali differenti. La figura corretta, che non cambia il ragionamento sul Pil pro-capite, è la seguente:

Figura 1 – Regioni europee – PIL a prezzi correnti – Milioni di euro PPS – Anni 1997-2008

Fonte: Elaborazioni su dati Eurostat

Infine, restringendo l’analisi alla sola provincia di Milano, nel 2008 il Pil pro-capite di quest’area era pari al 150% della media europea, contro il 184% nel 1997.(3)

(1) Eurostat, elaborazioni su dati Population database.
(2) Eurostat, elaborazioni su dati National accounts database.
(3) Eurostat, PPS per inhabitant.

RIFUGIATI TRA LAMPEDUSA E BRUXELLES *

La recente ondata di rifugiati dal Nord Africa ha creato divisioni all’interno dell’Unione Europea, tra gli stati in prima linea nell’affrontare il problema e quelli che non sono direttamente coinvolti. Manca infatti un meccanismo che permetta di suddividere tra i vari paesi il peso di un afflusso improvviso di migranti. Eppure dalla crisi in Kosovo a oggi, l’Europa ha fatto dei passi avanti. È questo uno dei temi di cui si discuterà a Trento nelle giornate del Festival dell’Economia, a cui parteciperà anche l’autore di questo articolo.

Lombardia più ricca d’Europa? Una leggenda

È quasi un luogo comune dire che la Lombardia è l’area più ricca d’Europa. E se si guarda al Pil complessivo effettivamente la Regione si colloca al sesto posto nell’Unione. Ma per comprendere la reale ricchezza di un territorio è più corretto il riferimento al Pil pro-capite e qui la situazione cambia perché la Lombardia si ritrova al ventinovesimo posto. I dati peggiorano ancora se si considera l’andamento negli ultimi dieci anni. E lo stesso ragionamento si può fare, a livello di ripartizioni, per il Centro-Nord nel suo insieme.

L’ATTACCO SUICIDA A SCHENGEN

Berlusconi sotto dettatura di Sarkozy sottoscrive una lettera in cui si chiede alla Commissione europea di sospendere gli accordi di Schengen di fronte a casi come quello degli sbarchi su Lampedusa. È una scelta sbagliata per l’Europa e suicida per il nostro paese. È infatti una breccia che mina il processo di integrazione europea e riduce ulteriormente la mobilità del lavoro nel Vecchio Continente. Non servirà affatto a gestire crisi come quella di Lampedusa. Anzi, le renderà ancora più gravi perché impedisce che gli immigrati vadano là dove c’è più lavoro per loro.

UN PASSO AVANTI NELLA RIFORMA DEL SISTEMA BANCARIO

Il rapporto preliminare della commissione sul sistema bancario istituita dal governo britannico rappresenta un punto di svolta importante non solo per il Regno Unito, ma per tutta l’Unione Europea. In primo luogo, introduce una separazione tra regolamentazione per le attività retail e attività wholesale delle banche. Individua poi nelle politiche sulla concorrenza la componente essenziale della riforma del sistema bancario. In attesa che l’Europa si dia finalmente le giuste istituzioni per la vigilanza sul settore.

E ORA TOCCA AL PORTOGALLO

È arrivato il turno del Portogallo per la richiesta di aiuto all’Fmi e all’Unione Europea. Non è certo una buona notizia per la zona euro. Anche perché se Grecia, Irlanda e Portogallo non ricominceranno a crescere, prima o poi arriveranno a un parziale ripudio del debito. Servirebbe dunque un piano per ridurre al minimo i rischi di contagio dopo una simile decisione. Ma ufficialmente nessuno ne vuol sentire parlare, tantomeno Francia e Germania. Si preferisce attendere un miracolo, invece di agire prima che la situazione si deteriori.

SE ATENE PIANGE, LISBONA NON RIDE

Tocca ora al Portogallo soffrire una crisi del debito sovrano che sembra inevitabilmente condurre verso un nuovo bail-out. Ma la cattiva gestione della finanza pubblica non è l’unico problema. Negli ultimi dieci anni il paese ha infatti registrato una crescita assai debole e un forte aumento del debito privato: in termini lordi è quasi quattro volte il Pil e cinque volte la dimensione del debito pubblico. Senza dimenticare i deficit delle partite correnti. Necessarie quindi riforme per recuperare competitività ed efficienza. Per ora, nessun rischio contagio.

IL PASTICCIO DI BRUXELLES

Da giugno 2013 il ruolo ora coperto dall’Efsf e dall’Efsm sarà assunto da un nuovo fondo, l’Esm, European Stability Mechanism. Avrà il compito di fornire assistenza finanziaria ai paesi dell’euro. Ma le decisioni prese a Bruxelles a fine marzo potrebbero addirittura aggravare l’instabilità dell’area. Perché la nuova architettura finanziaria non sembra in grado reggere l’onda d’urto di una crisi finanziaria seria, che coinvolga Portogallo e Spagna. Rischia di propagare la crisi ai paesi ad alto debito. E di lasciare l’Europa in balia di paralizzanti veti incrociati.

PROVE DI NUOVA GOVERNANCE EUROPEA

L’ultimo Consiglio Europeo potrebbe segnare una svolta importante nella riforma della governance economica europea, sebbene rimangano ancora rilevanti questioni da chiarire. Il nuovo Patto di stabilità richiederà un aggiustamento impegnativo all’Italia. Auspicabile una maggiore trasparenza sugli “altri fattori rilevanti” da considerare nel valutare il debito pubblico, coinvolgendo organismi tecnici indipendenti. Positiva l’estensione della vigilanza europea agli squilibri macroeconomici. Il futuro Esm avrà una governance politica e procedure onerose.

IL RIGORE CHE MANCA

Il Patto per l’euro, concordato al Consiglio europeo, contiene una lista di obiettivi auspicabili, ma nessuna indicazione su come realizzarli. In compenso sono state decise condizioni più blande per la Grecia. È una storia che si ripete da qualche tempo: prima l’Europa, e la Germania in particolare, fa la voce grossa con i paesi non virtuosi, poi ai primi segni di nervosismo dei mercati, cede. Andrà ancora peggio dopo il 2013, quando entrerà in azione l’Esm (European stability mechanism). Ai politici europei non resta che sperare che la situazione migliori, per evitare futuri incidenti.

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