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Categoria: Energia e ambiente Pagina 48 di 60

STOCCAGGIO DEL GAS: QUI LA CONCORRENZA NON E’ DI CASA

Dopo la liberalizzazione, regole stabilite da Aeeg garantiscono l’accesso allo stoccaggio alle imprese che vendono gas. Ma la burocrazia blocca i nuovi concessionari. Le riserve disponibili sono perciò insufficienti, mentre lo stoccaggio continua a essere monopolizzato di fatto da una controllata di Eni. Si potrebbe ricorrere al razionamento mediante asta. Permetterebbe una redistribuzione a favore dei concorrenti di Eni, purché si pongano limiti alla quantità massima di stoccaggio per singolo operatore. Un intervento necessario anche per l’avvio di una borsa del gas.

ITALIA A TUTTO GAS

Il gas naturale è diventato in questi anni la fonte di energia di riferimento in Italia. Il balzo dei consumi è stato molto elevato, con un tasso medio di crescita di oltre il 4 per cento. Ancora oggi, nonostante la crisi e la sbandierata volontà di virare sul nucleare, esistono diversi progetti d’investimento che riguardano il metano. E’ dunque arrivato il momento di ragionare sul futuro dell’approvvigionamento di energia nel nostro paese, per impostare una politica energetica e industriale che decida davvero quali fonti sono prioritarie.

UN ANNO DI GOVERNO: ENERGIA E AMBIENTE

 

I PROVVEDIMENTI

L’attività del governo in tema di energia e ambiente verrà anzitutto archiviata sotto la voce rifiuti. L’esecutivo guidato da Berlusconi ha avuto il merito di avere avviato a soluzione, nel bene o nel male, il problema dei rifiuti in Campania. Sono stati tolti i rifiuti dalle strade, riaprendo delle discariche, è stato inaugurato il nuovo e famoso termovalorizzatore di Acerra, sono state pianificate nuove discariche e nuovi impianti di incenerimento. Anche se la raccolta differenziata resta una nota dolente in quella regione, e più in generale in quelle del Mezzogiorno, rimane l’indubbio merito di avere tolto questo problema dalle emergenze del paese.

Il secondo grande tema per cui la fase iniziale della legislatura sarà ricordata è il nucleare. Guidato dalla convinzione che la riduzione dei costi dell’energia (elettrica), della dipendenza energetica dall’estero e delle emissioni trovino una soluzione chiave nella reintroduzione dell’energia nucleare nel nostro paese, l’esecutivo ha avviato un lungo iter legislativo, non ancora concluso, finalizzato a delineare il quadro normativo necessario in ordine a temi delicati come l’istituzione dell’autorità di controllo, il regime autorizzativo, l’individuazione dei siti, la gestione delle scorie, le misure di compensazione per le popolazioni locali.

Merita ricordare anche un paio di altri significativi provvedimenti, entrambi di natura fiscale. Con il primo, fortunatamente poi eliminato a fine anno dal Parlamento, il ministro Tremontiaveva modificato in senso retroattivo la procedura per la detrazione del 55 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, riducendone così di molto la portata. Sempre lo stesso ministro, in piena bufera mediatica sulla speculazione e in pieno continuo rialzo del prezzo del petrolio aveva introdotto la famosa Robin Hood Tax, mirante a tassare i presunti extraprofitti da caro-barile dei petrolieri (oltre a quelli di banche e assicurazioni) trasformandoli in parte in benefici per i cittadini con carattere di intervento strutturale.

GLI EFFETTI

La sopraggiunta recessione economica ha alterato profondamente il quadro per cui è difficile fare valutazioni sugli effetti, per esempio, della Robin Tax. Il nucleare è a oggi ancora allo stadio di approvazione definitiva del quadro normativo e l’accordo Berlusconi-Sarkozy del febbraio scorso, con annesso protocollo Edf-Enel, non produrranno effetti concreti prima della fine del prossimo decennio, se davvero il nucleare italiano diventerà realtà. Quanto al discorso dei rifiuti, se limitato al caso campano, gli effetti sono sotto gli occhi di tutti, anche se potrebbero verificarsi nuove situazioni di emergenza in particolare nel Sud d’Italia.

OCCASIONI MANCATE

Il governo italiano ha ottenuto un altro importante risultato sul finire d’anno votando a favore dell’adozione del pacchetto europeo energia-clima, noto anche come “20-20” (il terzo “20” è caduto). Se questo fatto è da ascrivere nella colonna dei risultati positivi conseguiti nel primo anno, pesa il modo in cui il gabinetto Berlusconi è arrivato a esprimere il proprio assenso: al termine di una battaglia tutta centrata sugli eccessivi costi per il nostro paese che ha avuto un seguito solo in un gruppo di paesi dell’Est europeo. Una battaglia fortemente supportata dalla Confindustria e che ha tratto alimento da quanti – numerosi almeno nel Senato della Repubblica – vorrebbero una revisione della nostra adesione all’accordo europeo, nel senso del dietro-front. Questo estenuante processo che è andato avanti da giugno a dicembre ha distolto l’esecutivo dalla necessità di prendere provvedimenti immediatamente operativi a riduzione delle nostre emissioni di gas-serra, il cui livello tendenziale è assai fuori linea rispetto agli obblighi di Kyoto. La scadenza del 31 dicembre 2012 si avvicina velocemente e restiamo in attesa di capire come si pensa di potere eludere l’esborso finanziario che le obbligazioni internazionali ed europee connesse al Protocollo di Kyoto comporterebbero. Anche in vista degli impegni vincolanti aggiuntivi legate al pacchetto europeo servono politiche e misure volte a massimizzare il risparmio e l’efficienza energetica e ad accrescere la diffusione delle fonti rinnovabili di energia. Se anche queste non sono “la” soluzione del problema, e nemmeno l’unica, certo è che su questo fronte si è perso un anno di tempo, il primo del nuovo governo Berlusconi.

UN MODELLO CHE FA ACQUA

Al Forum di Istabul l’accesso all’acqua è stato riconosciuto come bisogno fondamentale, ma non come diritto umano. Una scelta che ha sollevato polemiche e sospetti. Ma il problema va affrontato con realismo. Partendo dal fatto che miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici perché scarseggiano i mezzi economici disponibili per investire nelle reti e negli impianti. Servono soldi, ma anche regole e garanzie. E un modo per ripartire i costi che sia sostenibile dalle popolazioni.

MA L’ITALIA NON PENSA AL CLIMA

Ormai tutto il mondo, America compresa, ha preso coscienza del problema dei cambiamenti climatici, che raggiunge dimensioni nuove per gravità e globalità. E molti paesi hanno improntato a politiche di sostenibilità ambientale anche i pacchetti di stimolo economico in funzione antirecessiva. Fa eccezione il nostro paese, che con una mozione approvata dal Senato, chiede di rivedere anche il cosiddetto pacchetto europeo 20-20. Nessuna proposta italiana di azione neanche per il G8 ambiente in programma nei prossimi giorni a Siracusa.

NEL FUTURO IL NUCLEARE. SUL PRESENTE IL SILENZIO

L’accordo Italia-Francia per un ritorno del nostro paese al nucleare è un colpo a effetto fondato su un’illusione. Quella che vede nell’elettronucleare la soluzione ai problemi della sicurezza energetica, del clima e dei costi dell’energia. Ma anche a regime il contributo del nucleare sarà ridotto. E su tutte le questioni quello che accadrà nel 2030 dipende dalle altre scelte in materia energetica che nel frattempo il nostro governo avrà o non avrà fatto. Senza dimenticare le difficoltà su localizzazione degli impianti, rispetto dei tempi di costruzione e finanziamenti.

PER IL NUCLEARE UN CONSENSO MUTANTE

Con gli accordi intergovernativi e industriali siglati nel vertice italo-francese, ritorna alla ribalta l’interesse verso l’energia nucleare e una sua eventuale nuova partenza in Italia. Peraltro se ne parla, e molto, da mesi. E dai sondaggi sembra che vi sia una solida crescita del partito del nucleare nell’opinione pubblica. Ma a orientare il consenso contribuisce una molteplicità di fattori, la cui incidenza può variare sensibilmente a seconda di tempi e contesti di riferimento. Senza dimenticare la caratteristica di tecnologia sistemica propria dell’energia elettronucleare.

CLIMA DI CRISI

Quali sono le conseguenze della crisi economica per la causa dell’ambiente? Difficile dirlo a priori, perché molteplici sono gli effetti e le interrelazioni al livello di sistema economico. Ma anche se la tensione sul problema dovesse calare, compito del governo e delle politiche è di contrastare questa tendenza. Dopotutto, prima o poi, la crisi passerà, mentre il problema del clima resta. E così pure gli impegni internazionali da onorare. Meglio allora pensare a come agire, secondo le linee di un piano di intervento e rilancio verde.

UNA GHEDDAFI TAX PER L’ENI

Il disegno di legge di Ratifica del trattato con la Libia, approvato dalla Camera, prevede l’impegno dell’Italia a finanziare la realizzazione in Libia di progetti infrastrutturali di base per 5 miliardi di dollari: 250 milioni di dollari (180 milioni di euro) all’anno per venti anni. Tutti questi soldi verranno raccolti con un’addizionale all’Ires… sull’Eni. Ovviamente il testo di legge non si esprime esattamente in questi termini: secondo l’art. 3, questa addizionale si applica nei confronti di tutte le società e gli enti commerciali residenti che rispondono a un insieme di requisiti che di fatto solo l’Eni soddisfa. E in effetti, per fare i calcoli del gettito atteso dall’addizionale, la relazione tecnica fa riferimento a dati di bilancio coerenti con quelli… dell’Eni. Per la terza volta nel giro di pochi mesi, l’utile dell’Eni viene quindi in aiuto alle finanze dello Stato: con la Robin tax, con il finanziamento “volontario” di 200 milioni per la social card (su un totale di 450 milioni), con questa nuova Gheddafi tax  di durata ventennale. Cosa può giustificare un ricorso così disinvolto a norme fiscali ad personam? Forse la volontà di portare via all’Eni una parte della sua rendita da monopolista. Ma l’estrazione della rendita del monopolista dovrebbe avvenire con la regolamentazione, e andare a beneficio degli utenti, garantendo loro prezzi più bassi. Obiettivo che non solo non è stato ancora raggiunto ma che, evidentemente, non si intende perseguire neppure nei prossimi vent’anni. Della rendita di questo monopolista lo Stato già gode, in quanto azionista: l’effetto della Gheddafi tax, come della Robin tax, sarà quindi, più modestamente, quello di evitare che essa si traduca in dividendi anche per gli azionisti privati, perché l’azionista pubblico, a cui ne spetterebbero solo il 37,7 se li porta via prima che vengano distribuiti approfittando del suo… power to tax.

SE IL PETROLIO NON INFIAMMA L’INFLAZIONE*

Dal 2002 al 2008 l’economia americana si è trovata nella morsa di uno shock petrolifero comparabile per entità alle due crisi provocate dai paesi Opec negli anni Settanta e Ottanta. Eppure gli effetti sono stati molto diversi, a partire da un’inflazione core rimasta sostanzialmente stabile. Un risultato che dipende da una lunga serie di fattori, nessuno dei quali sembra predominante, ma ognuno dei quali gioca un ruolo. Con un po’ di fortuna e politiche sagge, non è più necessario che gli shock alimentari ed energetici abbiano quegli effetti devastanti che invece hanno avuto in passato.

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