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Categoria: Energia e ambiente Pagina 47 di 60

LO STRAPPO DI FLOPENAGHEN

Più che per un fallimento, il vertice sul clima di Copenaghen verrà ricordato come un passo decisivo nella diplomazia del G2. Ma si tratta di un accordo discusso, scritto e infine condiviso da solo cinque paesi e poi sottoposto agli altri, che ne hanno preso atto. Apre perciò scenari del tutto nuovi. Quale sarà a questo punto il ruolo delle Nazioni Unite? E quanto tempo sarà necessario all’Europa per reagire con coesione?

TROPPA NEBBIA SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI

Un libro con un capitolo negazionista sul riscaldamento globale scatena negli Stati Uniti un acceso dibattito. E pone qualche interrogativo, in una battaglia che contrappone voce autorevole a voce autorevole, sul ruolo delle strategie di comunicazione. Quanto agli scienziati, al di là del potere di amplificazione dei media, sembra quanto mai attuale il richiamo all’onestà intellettuale e al rigore.

CLIMA: TRA L’INCUDINE E IL MARTELLO

Le emissioni vanno ridotte se non vogliamo il surriscaldamento del pianeta e le sue disastrose conseguenze. Un obiettivo ambizioso consente una decisa azione immediata, offre una metrica precisa per valutare se quelle azioni sono efficaci e mobilita la società internazionale. Su un piatto della bilancia ci sono i costi molto alti che non vogliamo o non possiamo sostenere, ma sull’altro c’è la consapevolezza che l’assenza di investimenti ingenti porta il nostro pianeta a uno stato di stress non più sostenibile. E allora? Solo la politica ci può salvare.

DUE GRADI D’ILLUSIONE

A L’Aquila i leader delle maggiori economie mondiali si sono impegnati a mantenere al di sotto dei due gradi l’aumento della temperatura terrestre causato dall’effetto serra. Non è però un obiettivo raggiungibile con certezza. Anzi, ha una buona probabilità di essere ottenuto solo attraverso uno sforzo di riduzione delle emissioni immediato, di notevole entità, globale e inevitabilmente costoso. Difficile dunque da realizzare. Si dovrebbe invece ripensare la politica climatica, dando molto più peso all’integrazione tra misure di mitigazione e di adattamento.

ELINOR OSTROM E LA RIVINCITA DELLE PROPRIETA’ COMUNI

Il premio Nobel a Elinor Ostrom riconosce l’importanza di aver ipotizzato l’esistenza di una terza via tra Stato e mercato. Quella di Ostrom è una teoria complessiva che identifica le condizioni che devono valere affinché una gestione “comunitaria” possa rimanere sostenibile nel lungo termine. Una lezione di particolare importanza oggi a proposito dei beni collettivi globali, come l’atmosfera, il clima o gli oceani. Ma molto significativa anche per l’attuale crisi finanziaria, che si può leggere come il saccheggio di una proprietà comune: la fiducia degli investitori.

QUANDO L’AMBIENTE GIOCA IN CASA

L’approccio di Italia e Francia alle politiche ambientali non potrebbe essere più diverso. Almeno per quanta riguarda l’edilizia: Oltralpe diventa uno tra i possibili strumenti in grado di facilitare il raggiungimento degli obiettivi di crescita eco-compatibile in un’ottica di sostenibilità di lungo periodo. Da noi, invece, il Piano casa è pensato come una misura di sostegno immediato alla crescita del Pil, mentre le questioni di efficienza energetica e ambientale vengono derubricate a corollario. Le tragedie come l’Abruzzo e Messina dovrebbero far riflettere.

SE LA RIPRESA PUNTA SUL VERDE

Con la crisi cresce l’interesse per i cosiddetti lavori verdi, legati allo sviluppo di energie alternative. Non mancano le opinioni critiche, ma dal settore potrebbe derivare un aumento sia della produttività che dell’occupazione. E dunque i green jobs potrebbero permettere di riassorbire parte della crisi occupazionale che colpisce settori più tradizionali dell’economia. In ogni caso, hanno un valore intrinseco di tutela ambientale che ha un suo peso economico. E potrebbero consentire, indirettamente, una redistribuzione di risorse a favore delle generazioni future.

IL GIOCO DI PECHINO NELLA PARTITA DEL CLIMA

Al summit sui cambiamenti climatici di New York la Cina si è impegnata a ridurre la propria intensità carbonica, ovvero il rapporto emissioni-Pil, di un “margine notevole” entro il 2020. Una misura simile porta solo in linea teorica a un calo delle emissioni. Perché gli incrementi del Pil possono ampiamente compensare le riduzioni che derivano dai miglioramenti di efficienza. E se la crescita economica è per i paesi in via di sviluppo una variabile incomprimibile, è chiaro che alla conferenza di Copenaghen non si potrà trovare nessun accordo sui livelli di emissione.

LA MESTA PARABOLA DELLA ROBIN TAX

La maggiorazione dell’aliquota Ires, meglio nota con la suggestiva formula di Robin tax, è stata concepita quando i prezzi di petrolio e carburanti sembravano inarrestabili e i petrolieri, Eni in testa, avevano una reputazione peggiore dello sceriffo di Nottingham. L’obiettivo era duplice: fermare la speculazione e sostenere i redditi bassi. La prima si è sgonfiata da sola, causa crisi e il sostegno ai secondi è rimasto in buona parte nelle casse statali. Restano gli ulteriori oneri per il sistema amministrativo. E spunta anche un finanziamento ai giornali di partito.

QUELL’ACQUA CHE FA BENE CONTRO LA CRISI

Nella ricerca di politiche anticongiunturali che non incidano troppo sul deficit pubblico e che non siano in contrasto con le esigenze strutturali del Paese, appare promettente una politica transitoria di contributi agli investimenti nei servizi idrici. Molti piani di ambito sono già stati approvati, ma restano fermi per mancanza di fondi. Si tratta però di progetti ad alta utilità sociale e realizzabili subito. Un Piano acqua avrebbe quindi un alto effetto leva perché resterebbe comunque preponderante il finanziamento attraverso le tariffe.

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