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Categoria: Energia e ambiente Pagina 40 di 60

NON SOLO GAS CONTRO IL FREDDO

Il sistema energetico del gas è un meccanismo complesso da gestire e da governare, assai poco flessibile nell’adattarsi a mutamenti repentini del quadro di riferimento. E dunque per fare fronte alle emergenze freddo bisogna affidarsi a previsioni meteo sempre più precise, che garantiscono al sistema la possibilità di attrezzarsi per tempo, per quanto possibile. Soprattutto però è necessario puntare sulla diversificazione delle fonti energetiche. Perché le emergenze sono tali anche per la dipendenza da una sola fonte e da fornitori dotati di forte potere monopolistico.

LA RISPOSTA AL GRANDE FREDDO? LO STOCCAGGIO

L’emergenza gas ha riportato l’attenzione sulla cronica carenza di infrastrutture di approvvigionamento del nostro paese. In particolare, mancherebbero i rigassificatori. Ma parlare di offerta trascurando le cause determinati della domanda non è il migliore degli approcci. La sicurezza del sistema non dipende solo dalla certezza delle forniture. Un fattore cruciale è la capacità di stoccaggio. E infatti già da molto tempo, l’uomo ha imparato a dotarsi di scorte per far fronte a periodi difficili. Generalmente, l’inverno.

IL GHIACCIO, L’AUTOCRATE E ALTRI DESTINI

Il freddo affligge tutta Europa. Ma in Italia le preoccupazioni sono maggiori a causa della scarsa disponibilità di gas naturale. Per ragioni di politica interna, la Russia ha infatti ridotto le esportazioni. Un guaio per il nostro paese, cronicamente dipendente dall’estero per gli idrocarburi e che utilizza il gas per produrre i due terzi della propria energia elettrica. Torniamo così a parlare dei rigassificatori, spesso con troppa superficialità. Invece servirebbe una Conferenza nazionale sull’energia, per affrontare i diversi temi senza la pressione dell’emergenza.

LE DUE FACCE DELLA GREEN ECONOMY

L’Unione Europea è l’unica area del pianeta dove sono stati presi impegni vincolanti di lotta alle emissioni di gas serra. Ma le politiche dei paesi membri si fondano su incentivi ai consumi di energia verde. Nella produzione di tecnologie e prodotti i protagonisti sono Stati Uniti e Cina. Servirebbe una politica industriale comune che promuova le esportazioni europee, eviti la frammentazione delle iniziative e intraprenda un’azione più decisa sulla tassazione di beni importati da paesi che hanno legislazioni ambientali, e costi, meno stringenti di quella europea.

SMOG: DOV’È L’EMERGENZA

Sono già molte le amministrazioni che hanno preso provvedimenti di limitazione del traffico per sforamento dei limiti di concentrazione delle polveri. Misure che con il passare degli anni divengono via via più inefficienti. E che spesso trascurano il rapporto fra i benefici e i costi. Sarebbe invece opportuno definire limiti di concentrazione degli inquinanti diversificati per le varie zone d’Europa. Altrimenti non ci resta che pagare le sanzioni comminate dall’Unione. Oppure accettare che per alcuni mesi all’anno, il sistema produttivo del Nord Italia venga fermato.

TELERISCALDAMENTO: UN MONOPOLIO DA REGOLARE

Il teleriscaldamento è in decisa espansione. Tra i vantaggi principali ci sono una maggior sicurezza, maggiori benefici ambientali, risparmio energetico e possibilità di ricorrere alle rinnovabili. Significativi sono gli aiuti che arrivano dalla legislazione comunitaria e dagli incentivi nazionali. Si tratta però di un esemplare caso di monopolio naturale esercitato a livello locale. Perché l’utente finale una volta effettuato l’allacciamento non ha di fatto la facoltà di cambiare fornitore. Purtroppo è anche molto poco regolato, almeno in Italia.

COSÌ L’EUROPA HA SALVATO DURBAN

Un successo o un fallimento la conferenza di Durban sui cambiamenti climatici? Il giudizio dipende molto dalle aspettative che si erano riposte nell’incontro. Un atteggiamento realistico porta a sottolineare il ruolo attivo dell’Unione Europea in una negoziazione che resta complessa per diversi motivi. E a considerare positivo il fatto che sia riuscita a far accettare ai grandi emettitori come Usa, Cina e India un accordo globale legalmente vincolante legato al nuovo Kyoto. Non si è ancora salvato il pianeta, ma probabilmente si è salvato almeno il negoziato.

BOLLETTA ELETTRICA: STANGATA DA RINNOVABILI

Ai primi di settembre, la potenza degli impianti fotovoltaici per cui è stato chiesto il sussidio ha superato i diecimila megawatt. Con quali ripercussioni sulle bollette elettriche degli italiani? Nel complesso, si può prevedere un aumento dell’11 per cento per il consumatore tipo. Intanto, il costo dei sussidi arriverà a sei miliardi nel 2012. E in virtù del fatto che gli incentivi al fotovoltaico sono dovuti per venti anni, il debito accumulato è di 120 miliardi. Né una simile politica si può giustificare con un minore inquinamento.

USCITA DI SICUREZZA DAL NUCLEARE

Dopo il recente incidente, peraltro minore, alla centrale nucleare di Marcoule in Francia, è il caso di chiedersi se i paesi nuclearisti d’Europa non debbano pianificare una rinuncia, graduale ma irreversibile, a questa fonte di energia. Magari sotto l’egida dell’Unione Europea. Il vento sembra essere cambiato in maniera stabile e paesi come la Germania, la Svizzera e l’Italia hanno già imboccato la strada delle fonti sicure, autoctone e pulite.

QUEL ROBIN HOOD È UN PO’ STRABICO

Quando in Italia non si sa dove prendere i soldi, si guarda o alle banche o al settore energetico. Dato il momento finanziario, le banche hanno già i loro problemi, e così Tremonti punta all’energia. Nel 2008 la cosiddetta Robin tax era stata applicata ai petrolieri, e fin qui ci poteva anche stare; un settore non regolato, con un oligopolio molto forte, con prezzi chiaramente non in linea con i costi o con i parametri europei. Ora la tassa è stata estesa a tutte le imprese del comparto energetico. Tutto normale? Non proprio.
In questi mercati ci sono – semplificando – tre tipi di imprese: quelle che operano liberamente in mercati concentrati quanto quello petrolifero, altre che hanno investito nelle rinnovabili e campano di sussidi pubblici, e infine altre che invece operano con prezzi determinati dalle autorità pubbliche.
Sulle prime, poco da dire: ci può stare. Sulle seconde la situazione è tragicomica. Chi investe nelle rinnovabili lo fa rispondendo a generosi contributi pubblici, che però cambiano a ogni piè sospinto. Giusto per dare un’idea, solo negli ultimi mesi quelli del fotovoltaico sono stati tagliati prima nell’agosto del 2010, poi nel maggio 2011; solo un mesetto dopo si cercò di tagliarli un’altra volta, ma si disse che forse era troppo. E tre mesi dopo infatti non si tagliano i sussidi – si aumentano le imposte. Non capisco: questi investimenti li vogliamo incentivare, o proprio vogliamo far scappare gli unici che sono disposti a investire in questo paese?
Anche per le ultime, le imprese regolate, la situazione è ben curiosa. Hanno prezzi fissati dall’Autorità per l’energia (quella, tra le autorità, che funziona meglio), che è molto attenta a che i prezzi siano ragionevolmente in linea con i costi.  La logica del meccanismo regolatorio è che i profitti di queste imprese dovrebbero esistere solo se le imprese superano le aspettative dell’Autorità, e sono quindi il premio per investimenti ed efficienza. Attaccare ora questi profitti come se fossero derivati da chissà quale distorsione vuol dire non capire come funzione un pezzo importante del sistema amministrativo del nostro stato.
Dare con una mano, togliere con l’altra. È questa la politica fiscale? In un paese che ha disperato bisogno di certezze e di coerenza anche qui non ci si capacita. Peccato.

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