La Legge Gasparri realizza una transizione a metà perché affida il controllo del processo di trasformazione da analogico a digitale ai due duopolisti, Rai e Mediaset, e consente loro di acquisire una posizione dominante nella fase di avvio. Non garantisce la convergenza al piano digitale elaborato dallAuthority, non moltiplica i programmi a disposizione degli utenti, marginalizza i broadcaster analogici nazionali e locali e lascia invariato lo squilibrio nella distribuzione delle frequenze.
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È stato rilanciato dal ministro Tremonti che invoca spirito pratico in tema di commercio internazionale. Ma gli effetti del protezionismo sono noti a tutti: si sussidia lindustria di una nazione e se ne tassano i consumatori. Invece, il nostro sistema industriale dovrebbe liberarsi dai sussidi e non cercarne di nuovi. Quanto alla competitività dei prodotti cinesi, non è dovuta ai bassi salari dei lavoratori, ma alla ricchissima cultura industriale che pervade il Paese asiatico.
Perché le parole privatizzazione e liberalizzazione sono bandite dal Documento di programmazione economico-finanziaria? Lassenza di linee guida su questi argomenti è stupefacente. Se non un governo di centro-destra chi dovrebbe compiere significativi passi avanti nellaffidarsi maggiormente al mercato, liberalizzando e privatizzando?
Occorre autoregolazione ex-ante e controllo antitrust ex-post degli operatori con posizione dominante nel settore delle telecomunicazioni. Le osservazioni inviate in materia al Parlamento da Assonime propongono una forma di regolazione “leggera” in cui forme di autoregolazione degli operatori dominanti possono anticipare un intervento regolatorio d’autorità.
Sulla scia del caso Cirio, sarà forse rivista la normativa sulle obbligazioni emesse da società. Per tutelare i singoli risparmiatori basterebbe riprendere lo spirito dell’americana rule 144. Impone agli investitori professionali di non cedere i bond acquistati su mercati non regolamentati almeno per un anno: un forte incentivo a valutare con rigore il merito di credito da assegnare allemittente e evitare i titoli più rischiosi.
Il ministro Tremonti ha individuato nella apertura troppo violenta dei mercati a Paesi come la Cina la causa del declino economico italiano. Ma le ragioni del declino sono piuttosto addebitabili ai mancati investimenti in infrastrutture, nella ricerca, nei sistemi formativi, nelle grandi reti di servizio. Con i risultati che vediamo. Insomma i cinesi non devono servire a coprire responsibilità politiche.
Stati Uniti ed Europa hanno la principale responsabilità nellassicurare che il sistema multilaterale degli scambi sia sempre più aperto ed efficiente. Per questo devono evitare nuove possibili spinte protezionistiche che rischiano di compromettere la ripresa commerciale e la crescita mondiale.
Riproponiamo ai nostri lettori lo studio ripreso dall’Economist del 31 luglio. Trae spunto dal fatto che oggi si confronta spesso l’offerta di De Benedetti a Prodi per l’acquisto della Sme nel 1985 e il ricavato dalla vendita tra 1993 e 1996, raffrontando cifre molto lontane nel tempo e tra loro non comparabili, a meno di non attualizzarle in modo adeguato
Appare nel bilancio consolidato 2002 di General Motors e rivela un deficit patrimoniale dei fondi pensione intorno agli 80 miliardi di dollari, quattro volte la capitalizzazione di Borsa della società. Per coprirlo la casa automobilistica ha emesso obbligazioni, molto ben accolte dal mercato. Ma il caso Gm non è isolato: anche per i fondi previdenziali americani si affaccia un problema di insostenibilità?
La riforma della legge fallimentare non può più essere rimandata. Di fronte all’impasse della commissione Trevisanato, serve quindi una chiara direttiva politica sulle priorità e gli obiettivi da perseguire. Che devono riguardare in particolare la prevenzione della crisi, il ruolo del mercato e del giudice, la revocatoria e le insolvenze dei privati. E forse qualche suggerimento può arrivare dalle soluzioni prospettate nella passata legislatura.