Sulla base delle informazioni disponibili su Parmalat non era forse possibile immaginare una situazione così grave. Ma alcuni segnali inequivocabili sullo stato di salute dellazienda erano emersi da tempo. Sono stati ignorati o non correttamente valutati da parte dellintera comunità finanziaria internazionale. Occorre perciò rivedere alcuni processi di analisi e controllo del rischio. E riflettere maggiormente su meccanismi di funzionamento dei mercati finanziari, troppo spesso autoreferenziali.
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Chiedere lumi sulla compravendita di azioni esercitata dal presidente di una società quotata in Borsa non è una violazione della privacy. Rendere pubbliche queste operazioni è un dovere del manager, in Italia per un principio di autoregolamentazione, negli Stati Uniti per norma di legge. Serve infatti a ristabilire la parità informativa tra i diversi attori del mercato. Chi fa informazione dovrebbe cercare di far crescere la scarsa cultura finanziaria del nostro paese. E soprattutto rifiutare la cultura del non rispetto delle regole.
Con la vendita di unaltra quota di azioni, il Comune di Milano scenderebbe al di sotto del 51 per cento nella ex municipalizzata. Il prezzo fissato per loperazione è sostanzialmente corretto. Eppure in molti gridano allo scandalo e lo stesso Palazzo Marino teme la perdita del controllo dellazienda, tanto da riproporre una qualche forma di golden share. Una pessima idea, che riduce il valore dellimpresa e che ritarda una privatizzazione vera. Ma anche il segno della difficoltà delle amministrazioni pubbliche ad accettare i più semplici principi del mercato.
Non mancano le norme per prevenire casi di megalomania imprenditoriale o di beneficio privato del controllo. Ma nella vicenda Parmalat, nessuna di queste è stata sufficiente. Forse perché gli organismi di controllo, come collegi sindacali, consigli di amministrazione e società di revisione, sono segnati da un conflitto di interesse che ne pregiudica lazione. Ecco quattro misure che possono limitarlo. E insieme a un inasprimento delle pene per i reati societari, possono contribuire a ridare credibilità ai bilanci delle società.
Riproponiamo per i lettori de staging.lavoce.info i contributi già apparsi sul caso Parmalat di Giovanni Ferri (Una crisi invisibile dalla Centrale), Lorenzo Stanghellini (Cosè il decreto Parmalat), Carmine Di Noia e Stefano Micossi (Come riordinare i controlli), Galeazzo Scarampi (Una Alstom Padana), Carlo Scarpa (L’11 settembre di provincia), Francesco Vella (Le qualità di unAuthority), Luigi Zingales (Se l’onestà non paga)e Andrea Goldstein (Piangendo sul latte versato)
Il mondo della finanza si basa sulla fiducia e si presta quindi ad abusi difficilmente identificabili da qualsiasi controllo esterno, se perpetrati con la connivenza dei dipendenti chiave. Fedeli alla dirigenza dellimpresa non solo per un malinteso senso di lealtà, ma anche perché parlare significa compromettere la carriera futura. La soluzione è premiare chi denuncia episodi di criminalità economica, con un compenso proporzionato allentità della frode.
Nelloperazione di privatizzazione di Terna la posta in gioco non è tanto la struttura proprietaria ottimale dellimpresa che gestirà la trasmissione di energia elettrica, quanto i ricavi che il Tesoro otterrà dalla sua vendita, anche a costo di impedire la diminuzione delle tariffe elettriche e di tradire il principio dellindipendenza dellAutorità di regolamentazione. Potrebbero così essere gli utenti a finanziare in modo poco trasparente una parte di riduzione del debito pubblico.
UnAutorità in regime di proroga emana un documento dove si prefigurano le nuove tariffe di trasmissione dellelettricità, più favorevoli per gli utenti. E dunque deludenti per il mercato finanziario, che punisce il titolo Enel. Ma anche per il ministero dellEconomia, che ribadisce il suo impegno nella tutela della società elettrica e dei suoi azionisti. Ovvero se stesso e gli investitori esteri che ne hanno appena acquistato il 6 per cento. Si è così creata una situazione spinosa, dalla quale non sarà facile uscire.
Renato Brunetta
risponde alla “sfida liberista” lanciata da Francesco Giavazzi. Per i lettori de staging.lavoce.info pubblichiamo l’intervento di Brunetta e la contro-replica di Giavazzi.
La società che detiene la proprietà della Rete di trasmissione nazionale dell’energia elettrica, dopo la fusione con il Grtn, sarà privatizzata. Una decisione che comporta più svantaggi che vantaggi. Il guadagno in efficienza sarà minimo, mentre si profilano maggiori difficoltà di governance. Diversa la situazione se ad acquistare Terna fosse una società controllata dallo Stato. Unopzione possibile anche senza aggravi per la finanza pubblica.