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Categoria: Concorrenza e mercati Pagina 82 di 85

L’analisi finanziaria si è fermata a Parma

Sulla base delle informazioni disponibili su Parmalat non era forse possibile immaginare una situazione così grave. Ma alcuni segnali inequivocabili sullo stato di salute dell’azienda erano emersi da tempo. Sono stati ignorati o non correttamente valutati da parte dell’intera comunità finanziaria internazionale. Occorre perciò rivedere alcuni processi di analisi e controllo del rischio. E riflettere maggiormente su meccanismi di funzionamento dei mercati finanziari, troppo spesso autoreferenziali.

Il liberismo intemperante

Chiedere lumi sulla compravendita di azioni esercitata dal presidente di una società quotata in Borsa non è una violazione della privacy. Rendere pubbliche queste operazioni è un dovere del manager, in Italia per un principio di autoregolamentazione, negli Stati Uniti per norma di legge. Serve infatti a ristabilire la parità informativa tra i diversi attori del mercato. Chi fa informazione dovrebbe cercare di far crescere la scarsa cultura finanziaria del nostro paese. E soprattutto rifiutare la cultura del non rispetto delle regole.

La falsa privatizzazione dell’Aem

Con la vendita di un’altra quota di azioni, il Comune di Milano scenderebbe al di sotto del 51 per cento nella ex municipalizzata. Il prezzo fissato per l’operazione è sostanzialmente corretto. Eppure in molti gridano allo scandalo e lo stesso Palazzo Marino teme la perdita del controllo dell’azienda, tanto da riproporre una qualche forma di golden share. Una pessima idea, che riduce il valore dell’impresa e che ritarda una privatizzazione “vera”. Ma anche il segno della difficoltà delle amministrazioni pubbliche ad accettare i più semplici principi del mercato.

Gli anelli deboli

Non mancano le norme per prevenire casi di megalomania imprenditoriale o di “beneficio privato del controllo”. Ma nella vicenda Parmalat, nessuna di queste è stata sufficiente. Forse perché gli organismi di controllo, come collegi sindacali, consigli di amministrazione e società di revisione, sono segnati da un conflitto di interesse che ne pregiudica l’azione. Ecco quattro misure che possono limitarlo. E insieme a un inasprimento delle pene per i reati societari, possono contribuire a ridare credibilità ai bilanci delle società.

Parmalat e dintorni

Riproponiamo per i lettori de staging.lavoce.info i contributi  già apparsi sul caso Parmalat di Giovanni Ferri  (Una crisi invisibile dalla Centrale), Lorenzo Stanghellini (Cos’è il “decreto Parmalat”), Carmine Di Noia e Stefano Micossi (Come riordinare i controlli), Galeazzo Scarampi (Una Alstom Padana), Carlo Scarpa (L’11 settembre di provincia), Francesco Vella (Le qualità di un’Authority), Luigi Zingales (Se l’onestà non paga)e Andrea Goldstein (Piangendo sul latte versato)

Se l’onestà non paga

Il mondo della finanza si basa sulla fiducia e si presta quindi ad abusi difficilmente identificabili da qualsiasi controllo esterno, se perpetrati con la connivenza dei dipendenti chiave. Fedeli alla dirigenza dell’impresa non solo per un malinteso senso di lealtà, ma anche perché “parlare” significa compromettere la carriera futura. La soluzione è premiare chi denuncia episodi di criminalità economica, con un compenso proporzionato all’entità della frode.

Caccia al Tesoro su Terna

Nell’operazione di privatizzazione di Terna la posta in gioco non è tanto la struttura proprietaria ottimale dell’impresa che gestirà la trasmissione di energia elettrica, quanto i ricavi che il Tesoro otterrà dalla sua vendita, anche a costo di impedire la diminuzione delle tariffe elettriche e di tradire il principio dell’indipendenza dell’Autorità di regolamentazione. Potrebbero così essere gli utenti a finanziare in modo poco trasparente una parte di riduzione del debito pubblico.

Il mezzo pasticcio dei prezzi elettrici

Un’Autorità in regime di proroga emana un documento dove si prefigurano le nuove tariffe di trasmissione dell’elettricità, più favorevoli per gli utenti. E dunque deludenti per il mercato finanziario, che “punisce” il titolo Enel. Ma anche per il ministero dell’Economia, che ribadisce il suo impegno nella tutela della società elettrica e dei suoi azionisti. Ovvero se stesso e gli investitori esteri che ne hanno appena acquistato il 6 per cento. Si è così creata una situazione spinosa, dalla quale non sarà facile uscire.

Le libere professioni

Renato Brunetta

risponde alla “sfida liberista” lanciata da Francesco Giavazzi. Per i lettori de staging.lavoce.info pubblichiamo l’intervento di Brunetta e la contro-replica di Giavazzi.

Meglio una Terna pubblica

La società che detiene la proprietà della Rete di trasmissione nazionale dell’energia elettrica, dopo la fusione con il Grtn, sarà privatizzata. Una decisione che comporta più svantaggi che vantaggi. Il guadagno in efficienza sarà minimo, mentre si profilano maggiori difficoltà di governance. Diversa la situazione se ad acquistare Terna fosse una società controllata dallo Stato. Un’opzione possibile anche senza aggravi per la finanza pubblica.

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