L’Autorità antitrust è forse l’unica istituzione pubblica italiana che cerca di tutelare e promuovere la concorrenza, la cui gracilità è il vero punto debole del nostro sistema economico e politico. Il risultato delle recenti nomine, e di quelle che potrebbero arrivare in futuro, è invece un indebolimento dell’Antitrust. Di cui si avvantaggerà tutta l’area dei servizi, che in Italia ha una configurazione di mercato fortemente concentrata, quasi monopolistica. Senza dimenticare che a questa Autorità è affidato il controllo sul conflitto di interessi.
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Perchè l’Antitrust sia efficace, deve essere autorevole e indipendente. La nuova Antitrust nasce debole in partenza. Cosa di cui si avvanteggerà chi detiene posizioni di monopolio nei servizi. Sono molti i segnali che fanno ritenere conclusa la stagione che ha visto l’Italia protagonista a livello internazionale nella tutela della concorrenza. Dato che sono in scadenza altre autorità, bene affrontare subito il problema. E’ un problema di regole di nomina e di competenze. Il potere di nomina potrebbe essere affidato al Parlamento, per garantire nomine condivise da maggioranza e opposizione. Gli interventi di Gustavo Olivieri, Roberto Perotti, Michele Polo e Francesco Silva.
Quale Autorità debba avere la competenza antitrust sulle banche non è lunico punto in discussione. Altrettanto fondamentali sono i temi del mercato del controllo nel settore bancario e le modalità con cui lAutorità stessa deve esercitare il proprio potere. Le norme attuali vanno riviste. Occorre semplificare le autorizzazioni relative alle partecipazioni bancarie. Ma anche renderne più trasparente il processo decisionale, con obbligo di motivazione e facoltà di impugnativa. Non meno urgenti sono i problemi relativi ai rapporti fra banca e impresa.
In Italia la difesa della concorrenza non è un principio sancito dalla Costituzione, come è invece il caso nell’Unione europea. Il principio è garantito dall’indipendenza attribuita all’Autorità di vigilanza con legge ordinaria. Ma perché questa indipendenza venga tutelata, il valore della concorrenza dovrebbe essere assunto come principio condiviso dalla politica. Questo non accade nel nostro paese e si spiegano così molte delle difficoltà attuali dell’economia. Non esistono soluzioni tecniche. Piuttosto, si deve ricorrere all’arte della persuasione.
Le nomine allantitrust suscitano indignazione. Hanno sancito che il termine professionalità è svuotato di ogni significato. E dobbiamo chiederci come le istituzioni di questo paese possono essere difese da interpretazioni sconcertanti delle norme.
Qual è l’impatto del processo di orientamento al mercato dei servizi pubblici sul bilancio delle famiglie italiane? In termini di tariffe, le riforme sembrano avere funzionato in modo imperfetto, ma almeno ragionevole. Crescono molto i prezzi dell’acqua. Mentre la spesa maggiore va in riscaldamento e varia notevolmente da Regione a Regione. Anche la quota di famiglie che ha “problemi di sostenibilità” per una o più delle utility di base sembra diminuire. Almeno finché l’Autorità dell’energia continuerà a proteggere i consumatori dai rincari del petrolio.
Contro i rincari la prima reazione deve essere dei consumatori, chiamati a modificare i loro comportamenti di consumo. Altrimenti, chi vende continuerà ad aumentare i prezzi. Nel settore alimentare, ciò è stato possibile, come dimostra il calo dei prezzi dellultimo anno, perché la competizione è alta. Più difficile seguire questa strada nei settori dove la concorrenza è limitata, come nei servizi. Infatti, nonostante le ristrutturazioni e le fusioni che hanno caratterizzato le attività finanziarie e assicurative negli ultimi anni, i prezzi non sono scesi.
A cinque anni dall’apertura del mercato, in Gran Bretagna le tariffe dell’elettricità e del gas per le famiglie a più basso reddito crescono più lentamente delle altre. Questi consumatori restano comunque più vulnerabili agli aumenti nei livelli generali dei prezzi dell’energia perché a questa voce di spesa destinano quote più alte di reddito. Ma a preoccupare è soprattutto il permanere del forte potere di mercato degli ex monopolisti. Un controllo sulle posizioni dominanti produrrebbe benefici per tutti i consumatori, ma in particolare per i più poveri.
E’ giusto chiedersi se la liberalizzazione delle telecomunicazioni abbia arrecato effettivi benefici ai consumatori finali. Andrea Gavosto contribuisce alla discussione aperta da Carlo Cambini rilevando che i dati sulle tariffe telefoniche apparsi su staging.lavoce.info non tengono conto dei cosiddetti pacchetti tariffari. Nella sua controreplica, l’autore ricorda che lanalisi si proponeva di valutare limpatto del processo di liberalizzazione e non delle strategie tariffarie dei singoli operatori.
Il nuovo codice sulla proprietà intellettuale mantiene il cosiddetto privilegio accademico: la titolarità delle invenzioni realizzate nell’ambito dell’attività di ricerca è di docenti universitari e ricercatori pubblici e non dell’istituzione. E’ una scelta che tradisce una sistematica distanza del legislatore dalla realtà economica attuale. Infatti questo istituto impedisce proprio la valorizzazione industriale della ricerca pubblica che, a parole, si vorrebbe favorire. Per esempio, complica la stesura dei contratti con le imprese private.